| I Testi delle Canzoni Popolari Milanesi:La Guerra | 
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|   Rataplàn, tambur io sento Che mi chiama alla bandiera Oh che gioia, oh che contento Io vado a guerreggiar.   Rataplàn, non ho paura Delle bombe e dei cannoni Io vado alla ventura Sarà poi quel che sarà.   E la bella Gigogin col tremille-lerillellera La va aspass col so spingin Col tremille-relillellà.   Di quindici anni facevo all’amore Daghela avanti un passo Delizia del mio cuore. A sedici anni ho preso marito Daghela avanti un passo Delizia del mio cuore. A diciassette mi sono spartita Daghela avanti un passo Delizia del mio cuor.   La ven, la ven, la ven a la finestra L’è tutta, l’è tutta, l’è tutta insipriada La dis, la dis, la dis che l’è malada Per non, per non, per non mangiar polenta Bisogna, bisogna, bisogna aver pazienza Lassala, lassala, lassala maridà.   Le bacia, le baciai il bel visetto Cium, cium, cium La mi disse, la mi disse oh che diletto ! Cium, cium, cium La più in basso, la più in basso c’è un
  boschetto Cium, cium, cium La ci andremo, la ci andremo a riposar.   Ta-ra-ta-ta-ta-tam.   Commento : E’ la più
  celebre canzone
  patriottica del Risorgimento Italiano, nota in tutto il Nord Italia. Il testo
  è composto da un miscuglio di strofe popolari adattate alla musica dal
  maestro milanese Paolo Giorza nel 1858. Il contenuto è fortemente
  anti-austriaco. La prima parte del testo è probabilmente successiva all’
  unificazione d’Italia: l’esortazione alle armi e alla Bandiera è infatti
  troppo esplicita perchè potesse venir tollerata con facilità dalla censura
  austriaca:    Rataplàn, tambur io sento Che mi chiama alla bandiera O che gioia o che contento Io vado a guerreggiar.   Rataplàn, non ho paura Delle bombe e dei cannoni Io vado alla ventura Sarà poi quel che sarà.     Nella
  seconda parte segue il ritornello, che rappresenta, dal punto di vista
  musicale, il momento più orecchiabile e, probabilmente, più coinvolgente per il
  pubblico. Il contenuto patriottico, più velato, prende forma nell’invito al
  matrimonio - daghela avanti un passo – tra i due innamorati rivolto da Lei -
  la “malata” Lombardia - stufa di esser costretta a “mangiar polenta”(
  metaforico riferimento al colore giallo della bandiera austriaca), dopo i
  fallimenti del ’48, a un lui, implicitamente il sovrano di Piemonte Vittorio
  Emanuele II, il quale esitava nell’intervento di alleanza con Napoleone III.
  Gigogin, infattii, è diminutivo piemontese per Teresina:   E la bella Gigogin  col tremille-lerillellera La va a spass col so spingin Col tremille-relillellà.   Di quindici anni facevo all’amore Daghela avanti un passo Delizia del mio cuore. A sedici anni ho preso marito Daghela avanti un passo Delizia del mio cuore. A diciassette mi sono spartita Daghela avanti un passo Delizia del mio cuor.   La ven, la ven, la ven a la finestra L’è tutta, l’è tutta, l’è tutta insipriada La dis, la dis, la dis che l’è malada Per non, per non, per non mangiar polenta Bisogna, bisogna, bisogna aver pazienza Lassala, lassala, lassala maridà.     Il finale
  è anch’esso probabilmente successivo, non sembra aver un qualche riferimento
  patriottico, se non nell’esito felice dell’avvenuto matrimonio tra i due
  innamorati.   Le bacia, le baciai il bel visetto Cium, cium, cium La mi disse, la mi disse oh che diletto ! Cium, cium, cium La più in basso, la più in basso c’è un boschetto Cium, cium, cium La ci andremo, la ci andremo a riposar.   Ta-ra-ta-ta-ta-tam.     Si tramanda che questa canzone venne suonata per
  la prima volta la sera di San Silvestro, il 31 dicembre, del 1858, al teatro
  Carcano di Milano, nella notte in cui si festeggia per tradizione il
  cominciamento del nuovo anno, che poi sarà - il 1859 - quello della riuscita
  e definitiva unificazione dell’Italia. C’era una strana atmosfera, si dice,
  quella sera. Chi era già stato informato aspettava impazientemente che
  arrivasse la mezzanotte, chi ancora no, capiva che qualcosa stava per
  accadere nella sala gremita del teatro: Il vecchio anno era ormai quasi
  passato, un nuovo tempo stava per cominciare... Quando la Banda Civica,
  diretta dal maestro Gustavo Rossari, attaccò a suonare le note di quella
  PolKa, il pubblico comprese subito l’implicito messaggio contenuto:    Per non, per non, per non mangiar polenta Bisogna, bisogna, bisogna aver pazienza Lassala, lassala, lassala maridà.   Occorreva aver pazienza e attendere il
  consolidamento dell’alleanza tra Vittorio Emanuele II e Napoleone III per
  poter marciare – daghela avanti on passo – insieme contro gli austriaci. La Banda dovette ripeterla per ben otto volte,
  poiché la gente, insofferente della dominazione straniera, non smetteva di
  applaudire e cantarne il ritornello. Così alle quattro del mattino di quel capodanno
  1859 quando la Banda si recò davanti al palazzo del viceré austriaco per il
  consueto omaggio d’inizio anno, una nutrita folla aveva seguito i musicistì e
  accompagnò col canto, quasi in un gesto di sfida e di ammonimento alle
  autorità austriache, l’esecuzione del ritornello della canzone. Gli austriaci forse non si avvidero delle
  allusioni contenute nel testo contro di loro. O forse sì, e fu per spegnere
  gli entusiasmi del popolo che la musica de “La bella Gigogin” venne adottata
  anche dalle loro bande musicali. Ma il successo e la popolarità del brano
  intanto crebbero a tal punto che il giorno della celebre battaglia di Magenta
  tra francesi e austriaci, questi diedero l’attacco suonando le musica de “La
  bella Gigogin” e gli altri risposero con le medesime note.   Oggi nelle osterie di Milano si canta ancora
  questa canzone che, a ben vedere, potrebbe considerarsi l’unico vero Inno
  d’Italia, poiché fu l’unica canzone patriottica italiana ad aver avuto e ad
  avere tuttora una dimensione popolare viva e che sia stata significativa per
  il Risorgimento italiano. Questo a differenza dell’ Inno di Mameli che
  tutt’ora resta ignoto e incompreso alla stragrande maggioranza degli
  italiani, discutibile nel testo e nella musica e che non ha mai avuto alcun
  legame di valore con gli avvenimenti che portarono all’ Unità d’Italia.   Nell’ Esercito Italiano, il corpo dei Bersaglieri
  ha acquisito “La Bella Gigogin” quale canzone ufficiale, ed essa viene
  tuttora cantata dai soldati durante le esercitazioni e i Giuramenti.   | 
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